“Il futuro delle produzioni in montagna è legato ai giovani che devono lavorare come i loro nonni cioè le loro mani devono saper toccare la terra, però devono saper spiegare ciò che fanno in Inglese perché è solamente da fuori che può arrivare il riconoscimento di quello che fai”. Paolo Ciapparelli

D: Vi hanno chiamato “Ribelli del Bitto” e per 20anni avete difeso la produzione del Bitto Storico in Valgerola, oggi avete firmato un accordo… che cosa stabilisce?

R: L’accordo raggiunto a Gerola l’11 novembre 2014 è stato importante per diversi fattori ma soprattutto perché, dopo 20 anni di lotte, avevamo bisogno di capire dove siamo arrivati per andare avanti. Noi potevamo anche accettare, seppur a malincuore, un allargamento della zona di produzione del Bitto che è stato fatto in maniera impropria e soprattutto antistorica. Un allargamento fatto soprattutto per motivi economici, per sfruttare le DOP, per fare più Bitto come se i grandi prodotti dipendessero dall’aiuto pubblico e come se l’aumento della produzione possa costituire un vantaggio. L’aumento di produzione solitamente modifica e indebolisce il prodotto. A noi interessava che venisse riconosciuto il metodo, “loro” avevano allargato stravolgendo il metodo cioè introducendo due cose che significavano la fine della produzione del Bitto storico:

  • la prima è l’uso dei mangimi nell’alimentazione animale che distruggevano il pascolo in alta quota e che per noi significavano la fine delle Prealpi Orobie;
  • la seconda è l’uso dei fermenti industriali nella lavorazione che annullava l’artigianalità della lavorazione, un modo per limitare le imperfezioni perché sappiamo che non tutto riesce bene quando c’è una lavorazione artigianale.

Quel “mondo” non concepiva che “dei piccoli” potessero rappresentare una risorsa. In questo accordo, che io ho firmato, si stabilisce che vi sono due Consorzi, il Consorzio per la salvaguardia del Bitto storico e il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto, una cosa mai successa che per un prodotto vi siano due Consorzi. Ma il dato importante è che per la prima volta le Istituzioni riconoscono una cosa non prevista, e cioè che esistono due Consorzi e non uno solo il “loro”, ma soprattutto riconoscono, dopo 20anni, che il nostro metodo è vincente. Il riconoscimento vale soprattutto in chiave futura per quello che può rappresentare per tutto il comparto lattiero- caseario. Questo rappresenta per me il succo dell’accordo. Un riconoscimento ai “trogloditi”, cioè ai Ribelli del Bitto, che avevano addirittura diminuito la produzione di Bitto Storico avendo privilegiato la qualità alla quantità, e questo accordo dà un rilancio ai “piccoli”. Questo accordo insegna che non bisogna sempre dire “signorsì”, e che bisogna aver costanza nel lottare per affermare i propri diritti.

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una delegazione di “Ribelli del Bitto”

D: Come avete fatto a lottare per 20 anni avendo contro le Istituzioni, autonomie funzionali come la CCIAA… e quindi in assenza di risorse pubbliche?

R: Noi abbiamo tenuto le nostre posizioni e siamo stati bravi perché potevamo contare su alcuni fattori. La prima è che noi siamo una grande comunità “di pratica” che è orgogliosa del proprio lavoro, per cui i produttori di Bitto non potevano accettare una decisione che distruggeva la loro storia. La seconda è che questi produttori avevano già un mercato, certo non è il mercato del Bitto Storico di oggi dove la domanda supera largamente l’offerta, per cui avevano una base. La terza cosa è incarnata dalla mia figura cioè quella del “compattatore”, una figura non tanto di competente ma di colui che va a difendere le loro ragioni, tanto da ricevere un mandato in bianco. Questo ha significato che le “colpe” ed i “meriti” sono sempre ricaduti su di me. Con questo accordo ha vinto il “metodo”, cioè hanno vinto i produttori del Bitto Storico, in realtà ha vinto la storia, ha vinto la cultura, ha vinto un certo sistema.

D: …e Slow Food dei produttori del Bitto Storico ne ha fatto una “bandiera”

R: Ne ha fatto una “bandiera” perché per la prima volta vedeva applicato fino in fondo quello che sempre detto: si può difendere la biodiversità, l’ambiente, la cultura ed il territorio rilanciando il turismo solo a condizione che vi sia un’economia locale”. Non si può aver fretta quando è in corso un cambiamento però era impensabile che dopo 20anni arrivassero le istituzioni a fare un passo indietro. Un passo indietro che è costato, e ancora adesso non è sicuro. Sono stati “costretti” perché il loro “mondo” quello dei numeri, quello delle quantità sta fallendo, nonostante le dichiarazioni sui giornali, gli investimenti in pubblicità. etc, perché il numero di aziende zootecniche di medio – grandi dimensioni, sto parlando da 50 capi in su, sta diminuendo; poi perché oggi è difficile collocare sul mercato il prodotto.

D: … un accordo che riconosce il valore anche economico delle piccole produzioni

Questo accordo rappresenta una grande speranza per tutte le piccole produzioni perché viene riconosciuto che anche con piccoli numeri si può fare economia, si può fare microeconomia. In un territorio come quello valtellinese dove la parte orobica e ben diversa da quella retica, dove le altimetrie definiscono specifiche micro economie locali, è importante valorizzare nel senso di mettere insieme tutte queste diversità. Secondo me il futuro dell’agricoltura sarà il valorizzare le micro diversità valorizzando la storia e incentivando i giovani a fare questo. Il senso di questo accordo va colto soprattutto dal punto di vista culturale, di un cambiamento di mentalità: valorizzare i piccoli, i territori marginali per poi “trascinare” anche quei territori che fanno grandi produzioni. Un vero e proprio ribaltamento di prospettiva; prima “i numeri” dettavano legge e consideravano “i piccoli” un disvalore. La vicenda del Bitto Storico fornisce una speranza perché ha dimostrato che si può “resistere” anche se piccoli soprattutto utilizzando le tecnologie dell’informazione perché “il mondo” non finisce a Colico. Fuori dalla provincia siamo riusciti ad avere quello che non riuscivamo ad avere in Valtellina con la differenza che il Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto pagava per andare su Teleunica, mentre il Bitto storico finiva gratis su giornali e televisioni internazionali. Credo che sia importante questo accordo perché viene promosso il Bitto Storico che è una garanzia per tutti i piccoli. L’accordo fa sperare in un cambiamento di politiche nei riguardi non solo del Bitto Storico, che da sempre è stato considerato eversivo nei confronti di un certo sistema, ma nei confronti di tutti i piccoli.

D: Che cosa rappresenta l’accordo per il futuro dell’agricoltura valtellinese?

R: Per me l’accordo rappresenta il futuro dell’agricoltura valtellinese. Il futuro dell’agricoltura valtellinese dipenderà da come si svilupperanno le piccole realtà, i piccoli produttori, le piccole idee rispetto ai grandi produttori e ai grandi prodotti. Se le Istituzioni capiranno, come avviene in Francia, l’importanza di mettere davanti i migliori, le migliori produzioni artigianali, viste come “un traino” per le grandi produzioni allora l’agricoltura valtellinese avrà un futuro. Oggi sono quasi obbligati a sostenere il Bitto storico.


D: Dal prodotto al territorio

R: Tu puoi essere bravo, grande, famoso ma se non riesci a far capire al territorio quello che rappresenti, tu non hai vinto perché alla fine, prima o poi, salti anche tu. La tua funzione è quella di far recepire al territorio questo messaggio. Il Bitto Storico è un prodotto internazionale che viene prodotto in un’area difficile e il suo futuro dipende da chi abita il territorio. Dobbiamo far capire che Bitto Storico significa continuità e futuro per quel territorio. Per fare continuità e futuro bisogna aprire, bisogna rendere attrattiva la Val Gerola non solo ai discendenti degli attuali abitanti ma anche verso chi rimane colpito da questo racconto. Una produzione è grande quando crea un’emozione. Il nostro essere controcorrente ha creato un’emozione, ha creato all’esterno un’attenzione verso la biodiversità, verso questo territorio. Questo è un valore aggiunto che va oltre il prezzo del Bitto Storico, ed oggi il Bitto viene pagato di più non perché abbiamo formaggio più buono rispetto a ieri, ma per quello che rappresenta. Oggi non è un territorio che fa un prodotto ma un prodotto che fa il territorio. Noi abbiamo capito che un prodotto fa il territorio e che questo si lega al turismo.

D: Bitto, territorio, turismo….. come nasce il progetto “Prìncipi delle Orobie” ?

R: Dieci anni fa durante una fiera a Mantova parlando della nostra esperienza è uscita la storia dei matrimoni tra gli abitanti di Ornica e quelli di Gerola, dei collegamenti tra Ornica e Gerola, delle processioni. Anche con Premana vi erano storicamente questi collegamenti. Da questi rapporti che si perdono nella Storia tra comunità è uscita l’idea di fare la via dei Tre Signori, delle Tre Signorie. Ho capito che il nostro sviluppo doveva ritrovare la sua storia. La via dei Tre Signori si è trasformata in Prìncipi delle Orobie (PDO) perché intorno all’idea si sono ritrovati diversi attori come la Latteria di Branzi per cui abbiamo aggregato i formaggi che caratterizzano da sempre l’economia di questi territori. Non si era mai visto che 6 formaggi prodotti in un territorio omogeneo si mettessero insieme perché avevano un denominatore comune le Orobie. Gli altri avevano bisogno di un prodotto come il Bitto Storico perché i loro formaggi sono pagati 1/3 o ¼ rispetto al nostro. Noi abbiamo risolto il problema del riconoscimento del valore del nostro formaggio perchè spuntiamo un prezzo corretto per andare avanti, per non essere costretti a “fare numeri”. L’idea di metterci insieme mi è piaciuta perché dai formaggi possiamo iniziare a parlare di turismo. La partenza del progetto è stata immediatamente colta dalla stampa che ci ha dedicato le prime pagine dei giornali locali. Il progetto era già vincente dal punto di vista mediatico, perché bisogna far sinergia sul territorio ma soprattutto l’autorganizzazione è vincente rispetto a progetti promossi dalle Istituzioni. Non nego che alcuni dei nostri partner erano preoccupati perché erano abituati a trattare con le Comunità Montane. L’aspetto interessante è che si sono tutti entusiasmati dal progetto, a questa facilità di aggregazione. Ho visto persone e aziende importanti per quei territori entusiasti. Adesso sono 4 anni che lo stiamo preparando ed il progetto è pronto. Insiste su tre province, e ben venga la loro scomparsa, ed abbiamo creato un’area omogenea, una specie di Distretto perché vogliamo che le Orobie diventino come le Langhe su un tema come la biodiversità alpina. Noi abbiamo sempre avuto il pascolo alla base delle nostre economie, anche se oggi alcuni di questi formaggi dei Principi utilizzano mangimi per l’alimentazione animale e fermenti industriali per la caseificazione, ma fortunatamente sta passando il messaggio del Bitto Storico perché tutti stanno comprendendo che oggi è molto importante distinguersi dalla produzione industriale di formaggio. Se riusciremo a far passare questo messaggio il turismo futuro vorrà visitare l’area degli alpeggi. Il significato di questo circuito di formaggi è la continuazione di quello che come Bitto Storico abbiamo fatto in una chiave territoriale più ampia.

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Formaggi “Prìncipi delle Orobie”

D: Quali ulteriori passaggi per la costituzione e la qualificazione del Circuito “Prìncipi delle Orobie”?

R: E’ appena stata costituita con il coinvolgimento degli allevatori delle tre provincie l’Associazione della Capra Orobica e della Bruno Alpina Storica. Questa iniziativa è di nuovo collegata alle vicende del Bitto Storico perché se si vuole mantenere una certa qualità bisogna rispettare il pascolo e se si vuole rispettare il pascolo bisogna utilizzare razze adatte. Per cui viene annullato il discorso portato avanti dal Consorzio per la Tutela dei Formaggi Valtellina Casera e Bitto che utilizza razze più produttive e alimentate in un certo modo. Io non demonizzo gli altri perché è impensabile che tutti facciano come noi, però questo territorio verrà identificato per queste caratteristiche. Un percorso che si concluderà con una Stalla Didattica composta da 40 bruno alpine e 70 capre orobiche. Un progetto che si integra con il Centro del Bitto per cui genereremo ulteriore occupazione, occupazione giovanile e daremo forma ad una scuola. Così come su EXPO 2015 ci sarà la Scuola delle Guide orobiche. Il progetto della Stalla Didattica si fonda su due elementi che sono alla base del Bitto Storico: lo sfalcio del fieno invernale a Gerola che noi attualmente comperiamo e che porterà alla produzione di un formaggio “casera” specifico, di territorio, basato sull’alimentazione. Noi abbiamo giù messo le basi per commercializzare il prodotto perché il Centro del Bitto venderà anche questo formaggio. Questa iniziativa genererà 8 posti di lavoro ed è la dimostrazione che per fare occupazione in aree come la nostra bisogna guardare alla storia. Faremo anche il formaggio di Capra Orobica su cui vogliamo fare richiesta di riconoscimento come Presidio Slow Food e partiremo con un prezzo superiore di 2- 3 Euro al Kg. Un’iniziativa che potrà stimolare altri giovani ad allevare la capra orobica. Stiamo creando un punto di riferimento per quei giovani che vogliono allevare questa capra ma non in solitudine ma entrando a far parte di un circuito in cui si produrrà un formaggio in una forma organizzata. Il senso di questa iniziativa è quello di creare pazientemente delle alleanze sapendo che la soluzione molte volte non è vicina a te, ma se guardi lontano puoi trovare altri che la pensano come te. Non mi sarei mai aspettato di riuscire a convincere anche le Istituzioni su progetti di questo tipo anche se è chiaro che la crisi ha influito e le istituzioni hanno necessità di trovare delle risposte nuove. Però se questo metodo è utile per rilanciare il territorio, l’economia e l’occupazione giovanile è bene che venga appoggiato. Vedo che oggi tanti giovani ci seguono perché ci sono le basi grazie anche al lavoro di Slow Food.

D: Adesso che siete posizionati si apre la prospettiva del ricambio generazionale….

R: L’immagine del Bitto Storico è straordinaria, abbiamo il pareggio di bilancio nonostante non abbiamo mai avuto aiuti, e cercheremo di affrontare il ricambio generazionale. E’ nostro dovere creare le condizioni perché si possa proseguire che significa vivere bene, rilanciare la montagna, avere del tempo libero. Il contadino di una volta non aveva tempo libero, oggi questo è possibile perché non c’è più la stalla familiare che obbliga a certi impegni e che ti fossilizza. Il futuro delle produzioni in montagna è legato ai giovani che devono lavorare come i loro nonni cioè le loro mani devono saper toccare la terra, però devono saper spiegare ciò che fanno in Inglese perché è solamente da fuori che può arrivare il riconoscimento di quello che fai. Il ricambio generazionale deve essere inteso anche in termini di formazione, una formazione che deve essere proposta da persone che hanno capito che cos’è il Bitto Storico. Quando cambiano le cose la formazione devono farla esperti nuovi, la devono fare esperti che hanno una visione. Di “competenti” ce ne sono tanti però molti sono legati ad un certo sistema. La Regione Lombardia, ad esempio, voleva utilizzare le foto dei “calècc” per ingannare il consumatore e per promuovere formaggi realizzati con fermenti industriali. Questo spiega perché noi siamo stati sempre così odiati perché avevamo toccato il vero problema che non è inserito nei disciplinari e cioè quello che distingue tra qualità artigianale e qualità industriale. E le DOP non distinguono adeguandosi agli interessi di sistema. Chiunque sa che se tu allarghi un’area di produzione, rendi più facile la produzione, il risultato è che indebolisci il prodotto, per cui si crea un nuovo prodotto e indebolisci la storia. Il futuro è che queste produzioni storiche, quelle che sono restate – anche se può diventare storia anche una nuova produzione – vengono privilegiate perché rappresentano la biodiversità e identificano quel territorio. Per contro non bisogna demonizzare chi fa ancora qualità industriale perché non bisogna dimenticare che dietro c’è lavoro, ci sono dei numeri.

D: Che cosa può insegnare la vicenda del Bitto Storico per lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile?

R: E’ il momento giusto perché l’agricoltura intensiva non è più in grado di reggere, non sta dando risultati, fanno fatica a sostenerla ed hanno bisogno di qualcosa di nuovo. Questo ritorno alla terra, questo ritorno alla storia non più visto solo come una fotografia, uno spot pubblicitario destinato a creare immaginario, ma come parte integrante di un racconto del territorio. Il “calècc” non è una fotografia ma parte di un metodo che prevede la lavorazione a caldo del formaggio, e uno dei progetti del circuito Principi delle Orobie prevede di mappare e risistemare tutti i “calècc” che diventeranno parte di un percorso turistico. Abolire il “calècc” significa distruggere una possibilità economica per il futuro. Ridevano quando sostenevo questo e oggi tanti visitatori vengono a visitare i “calècc” e ci si meraviglia perché sono abbandonati. Va creata una scuola per insegnare a fare i muri a secco, questa è un’economia. Un casaro che fa uno dei più grandi formaggi al mondo non è un casaro ma un “maestro”. Se questi aspetti vengono esaltati si può trasmettere l’idea che oggi fare il contadino non significa solo faticare, ma significa competenze e maestria.

Formaggio Bitto Calècc
Il Calècc – Baita di lavorazione itinerante Tipica costruzione in pietra fissa coperta da un telo mobile, usata per la produzione di formaggio Bitto. Presente unicamente nelle valli del Bitto, rappresenta un patrimonio storico, culturale e ambientale esclusivo in quanto costruito per ottimizzare la qualità del prodotto.

Oggi noi abbiamo una grande credibilità e questo dà forza ai nostri progetti, le stesse cose fatte dalle Istituzioni sarebbero un fallimento ancora prima di partire perché nessuno crede che siano fatte per lo sviluppo del territorio. Bisogna riuscire a prendere in mano la situazione costruendo dei progetti corretti. Il Bitto Storico è stato un esempio per tutti, oggi è necessario elaborare altri progetti con le persone adatte e con giovani che ci credono. E’ necessario essere un po’ al servizio degli altri.


Allegati

1)  Accordo il Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio Salvaguardia Bitto storico

ACCORDO TRA

Il Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio Salvaguardia Bitto storico, definiti nel prosieguo congiuntamente anche come “le parti”,

con l’intervento e la condivisione della Camera di Commercio di Sondrio.

PREMESSO CHE

  • l’attività zootecnica e la conseguente produzione di latte e formaggi, oltre alla loro funzione primaria volta ad assicurare alimenti di qualità segnatamente per la loro collocazione montana, svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo economico della provincia di Sondrio, anche per il valore aggiunto trasferito ad altri settori in relazione al mantenimento e presidio del territorio e alla valorizzazione del comparto turistico; tale attività si esprime in modelli aziendali diversi e articolati (aziende zootecniche di piccole e medie dimensioni che trasformano direttamente il latte nei caseifici aziendali, aziende medio-grandi specializzate nella produzione di latte, aziende stanziali e aziende che praticano l’alpeggio, etc.), che hanno assicurato continuità e sostenibilità al tessuto agricolo provinciale;

  • l’alpeggio continua a caratterizzare la realtà zootecnica provinciale e ha sempre più un ruolo centrale, non solo economico ma anche di salvaguardia delle risorse naturali, di conservazione e riproduzione del patrimonio culturale e storico del territorio, di produzione di latte e formaggi dai caratteri organolettici unici, vista l’estrema varietà delle erbe nella successione di pascoli, quote e stagioni;

  • lo sviluppo delle DOP Bitto e Valtellina Casera si è dimostrato un valido strumento per la tutela e lo sviluppo delle produzioni casearie del territorio, contribuendo a valorizzare tutta la filiera provinciale;

  • il metodo tradizionale di conduzione dell’alpeggio adottato dai produttori aderenti al Consorzio Salvaguardia Bitto storico rappresenta un patrimonio della zootecnia valtellinese che va assolutamente conservato, diffuso e valorizzato;

  • tale sistema di agricoltura può e deve essere integrato nel patrimonio della DOP a supporto di tutti i produttori di Bitto;

CONSIDERANDO

  • la necessità di instaurare, in via generale per le diverse filiere produttive del comparto agroalimentare della provincia di Sondrio, una nuova e proficua relazione fra produttori di piccola scala e produttori su scala più ampia, accomunati da elevati standard di qualità e tipicità, attestati da denominazioni di origine comunitarie;

  • il valore dell’accordo fra il Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto e il Consorzio Salvaguardia Bitto storico, quale modello da indicare alle altre produzioni a marchio presenti sul territorio provinciale, anch’esse caratterizzate dalla coesistenza di modelli aziendali tra lo diversi;

  • l’importanza di presentarsi ad Expo Milano 2015 in maniera coesa per promuovere insieme e con più forza il territorio valtellinese, le sue eccellenze e le sue filiere di qualità;

SI DEFINISCE QUANTO SEGUE

 

  1. Riconoscimento delle peculiarità della produzione del Bitto storico del Presidio Slow Food e dell’attività di valorizzazione e promozione realizzata dal Consorzio Salvaguardia Bitto storico e volta al mantenimento delle tradizionali pratiche d’alpeggio adottate nelle Valli di Albaredo e Gerola e alla valorizzazione delle piccole produzioni e del territorio da cui hanno origine;

  2. Disciplinare di produzione della DOP Bitto ai sensi del Reg. (CEE) n. 1263 del 01.07.1996 e del successivo Reg. (CE) n. 1138 del 25.11.2009: nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale afferente alle produzioni DOP, il Consorzio Salvaguardia Bitto storico si impegna a promuovere la completa adesione dei propri associati al sistema di controllo e certificazione della DOP Bitto a partire dalla stagione produttiva 2015, presentando idonea richiesta all’organismo di controllo autorizzato entro il 31 maggio 2015;

  3. Promozione dell’intera produzione di Bitto DOP: le parti si impegnano a collaborare per promuovere l’intera produzione di Bitto, riconoscendo la specificità della produzione ottenuta, nel rispetto dell’articolo 4, lettera c, del vigente Disciplinare, adottando il metodo ancor più restrittivo del Presidio Slow Food. Le parti si impegnano altresì a non intraprendere azioni che possano ingenerare discriminazioni o determinare potenziale danno all’immagine della DOP, alla reputazione delle produzioni e del territorio di origine. A tali fini, la politica di promozione e tutela della produzione deve essere condivisa fra le parti del presente accordo e le azioni promosse anche disgiuntamente dalle parti devono integrarsi e rinforzarsi reciprocamente. Il Bitto storico del Presidio Slow Food viene individuato come il prodotto di traino dell’intera produzione di Bitto e, più in generale, del comparto lattiero caseario provinciale. La Camera di Commercio valuterà per conseguenza l’assegnazione di risorse economiche per contribuire a specifiche azioni di comunicazione e promozione concordate tra le parti;

  4. Valorizzazione del Centro del Bitto storico di Gerola Alta: le parti si impegnano a valorizzare il Centro nell’ambito delle proprie iniziative promozionali, divulgative e formative, nell’ambito di programmi concordati finalizzati alla valorizzazione integrata delle produzioni agroalimentari e artigianali e delle risorse culturali, ambientali e turistiche della Valtellina; la struttura potrà diventare così un centro privilegiato di promozione dell’intero sistema Bitto, per l’organizzazione di degustazioni, educational tour per operatori e giornalisti, tour di turismo enogastronomico, attività formative e didattiche, convegni e un patrimonio unico per lo studio e la ricerca sulla salubrità delle produzioni di latte e formaggi di alpeggio (vedi le proprietà antiossidanti grazie all’alimentazione con erbe di pascolo in quota). La Camera di commercio valuterà per conseguenza forme e modalità di sostegno alla struttura;

  5. La Mostra del Bitto, Salone del Gusto e Terra Madre di Torino : l’evento più rappresentativo del comparto agroalimentare provinciale e gli eventi internazionali di Torino sono l’occasione per divulgare e dare attuazione ai contenuti dell’accordo;

  6. Expo Milano 2015: l’Esposizione Universale rappresenta un’opportunità unica per presentare ad un pubblico più vasto il modello di integrazione promosso dalle parti tra realtà produttive diverse ma complementari e accomunate da un forte legame con il territorio di origine, la sua storia e le sue tradizioni;

  7. Commercializzazione del prodotto: in linea generale, gli associati al Consorzio per la Tutela dei formaggi Valtellina Casera e Bitto finalizzeranno la loro attività alla commercializzazione del Bitto DOP entro l’anno di stagionatura; l’attività degli aderenti al Consorzio Salvaguardia Bitto storico sarà prioritariamente rivolta, invece, alla commercializzazione del prodotto con stagionatura oltre l’anno.

Gerola Alta, 10 novembre 2014.


2) il primo articolo sul “caso Bitto” a cura di Stefano Mariotti del portale Quale Formaggio

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3) La Carta dei formaggi Principi delle Orobie

AGRI’ DI VALTORTA (Presidio Slow Food)                                                                                
Formaggio a pasta cruda, a base di latte vaccino intero,  prodotto unicamente nella Latteria sociale di Valtorta in Val Brembana. Il frutto di tre giorni di lavorazione è un formaggio dolce, aromatico, dall’inconfondibile forma cilindrica.

BITTO STORICO DOP (Presidio Slow Food)                                                                           Formaggio a base di latte vaccino di capra, prodotto da secoli nell’alta Val Gerola grazie al Consorzio Salvaguardia Bitto Storico. Ha la  Denominazione di Origine Protetta  (Dop).
Mangimi vietati e mungitura rigorosamente a mano, di questo formaggio ogni anno nel mondo
vengono prodotte solo 1500 forme. E’ l’unico formaggio al mondo con una stagionatura che può superare i 10 anni.

BRANZI FTB
Prodotto da secoli nell’omonimo paese di Branzi, in Alta Val Brembana, questo formaggio viene prodotto con latte vaccino intero crudo dalla Latteria Sociale di Branzi. Può avere un sapore dolce e delicato oppure, nella versione più stagionata (fino a 12 mesi per lo stravecchio), lievemente piccante.

FORMAI DE MUT DELL’ALTA VALLE BREMBANA DOP                                                Formaggio di latte vaccino dalle antichissime origini, prodotto sugli alpeggi Brembani tra i 1.300 e i 2.500 m di altitudine. Il sapore è delicato, poco salato, con un retrogusto che rimanda ai foraggi alpini. Anche lui ha la  Denominazione di Origine Protetta (Dop).

STRACCHINO ALL’ANTICA DELLE VALLI OROBICHE (Presidio Slow Food)       Formaggio grasso, molle, gustoso e saporito; si produce con latte vaccino a munta calda in Valle Brembana, Val Taleggio (infatti è l’antenato del formaggio taleggio), Val Serina e Valle Imagna.
Stracchino in dialetto bergamasco indica quei formaggi prodotti con il latte di vacche ‘stracche‘,
ovvero stanche per via della transumanza.

STRACHITUNT DELLA VAL TALEGGIO DOP     
Lo Strachitunt, nome che in dialetto bergamasco significa ‘Stracchino rotondo‘, è un formaggio a pasta cruda, erborinato, prodotto con latte intero di vacca. Da lui discende il  Gorgonzola  così come lo conosciamo. E’ stato definito da Gianfranco Vissani il ‘formaggio più buono del mondo’. Prodotto tradizionalmente in alta Val Taleggio, ha la Denominazione di Origine Protetta  (Dop).

4) Capra Orobica o Valgerola – Atlante delle razze caprine

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La capra Orobica, detta anche Valgerola, è presente sul versante orobico e sul fondovalle della bassa Valtellina, oltre che nella valle Gerola, in provincia di Sondrio; alcune greggi sono presenti anche in provincia di Lecco, Como e Bergamo. Le origini sono sconosciute. Oggi, dopo un periodo di contrazione numerica, è in aumento: a ciò hanno contribuito la valorizzazione del formaggio Dop “Bitto Storico della Valtellina”, la sua spiccata rusticità e il suo caratteristico aspetto. Il Libro Genealogico è stato attivato nel 1993. Fonte Agraria.org

5) VIDEO

6) Il Bitto Storico, l’etica del formaggio di Michele Cherchi

Il Bitto Storico è prodotto partendo da latte crudo di vacca caldo di munta a cui viene aggiunto un 10/20% di latte di capra Orobica, una razza in via di estinzione. Il tutto viene messo all’interno di caldaie in rame alimentate con fuoco a legna e addizionato di caglio liquido di vitello. Una volta formata la cagliata questa viene rotta in grani della dimensione di un chicco di riso, mantenuta in agitazione e riscaldata alla temperatura di 55 / 58 °. A questo punto si lascia riposare, poi si estrae con l’ausilio di canovacci e posta all’interno della fascera, rigorosamente in legno, che darà la forma ed il tipico scalzo concavo al formaggio. Si passa poi alla salatura a secco, un passaggio importante che darà una distribuzione del sale più delicata e una crosta più sottile. Infine si lascia maturare per almeno 70 giorni prima di passare alla casera dove può essere venduto come Bitto giovane o fatto affinare sino a 10 anni e anche oltre. Gli elementi fondamentali che concorrono a creare questa Eccellenza sono principalmente questi:

– Abilità del Casaro.

-Condizioni fisiche della vacca.

-Qualità dell’erba determinata dalle condizioni ambientali e dal particolare sistema di pascolo (pascolo turnato razionato).

-Utilizzo del 10-20% di latte di capra Orobica nella produzione.

-Trasformazione a caldo del latte con l’ausilio dei Calecc.

7) Riferimenti e link

Consorzio salvaguardia Bitto Storico

Fondazione Slow Food per la Biodiversità onlus

Ruralpini

Quale Formaggio – portale delle produzioni casearie

Semi d’Arte sul Bitto Storico di Punto.Ponte F&B


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