Nel 2002, dopo anni di battaglie legali con la Comunità Europea, siamo riusciti a far riconoscere il pane di Altamura come un prodotto a Denominazione di Origine Protetta. Il Pane di Altamura è l’unico pane in Europa ad avere la denominazione D.O.P.
Giuseppe Di Gesù rappresenta la quinta generazione della F.lli Di Gesù Panificio e Biscottificio snc di Altamura, un panificio che opera dal 1838 nel settore e che insieme ad altri 9 panificatori aderisce e promuove il Consorzio per la Tutela del pane di Altamura. Punto.Ponte F&B l’ha incontrato nel mese di novembre del 2014 per approfondire la conoscenza sulle modalità di produzione di questo pane, per evidenziare i rapporti di filiera che coinvolgono produttori di grani antichi e panificatori, valutare l’importanza di funzioni “aggiuntive” come la Logistica che supporta la presenza sui mercati nazionali ed europei del pane di Altamura DOP, ed infine indagare sul trasferimento intergenerazionale delle competenze professionali. Tutti aspetti rilevanti nella valorizzazioni di pani locali come nel caso del Pane di Segale della Valtellina nella prospettiva che diventi un Marchio Geografico Collettivo.

“Io respiro la Storia all’interno del mio lavoro: il mio bisnonno ha avuto un riconoscimento da Vittorio Emanuele III perché ha fornito del pane alle truppe Regie quando si trovarono nella zona di Altamura. Per questo motivo nel corso dei festeggiamenti per i 150anni dell’unità d’Italia abbiamo avuto un ulteriore riconoscimento e siamo diventati un’azienda storica” – Giuseppe Di Gesù, panettiere
D: nei successivi passaggi generazionali cosa è avvenuto…
R: Dobbiamo considerare che Altamura è un paese a vocazione agricola da sempre. Le mura di cinta della città sono megalitiche, e circondavano il paese chiudendolo. Al di fuori delle mura vi erano coltivazioni di grano. Altamura era una città bucolica fatta di agricoltura e pastorizia per cui gli agricoltori avevano la necessità di avere del pane che potesse durare nel tempo. Con l’ampliamento di quello che era il bagaglio culturale e tecnologico sui lieviti naturali si è storicamente arrivati a produrre un pane che durava 10 – 20 giorni in forma da 7 – 8 – 10 Kg. Un pane che veniva prodotto dalle massaie con lieviti naturali, per poi essere cotto nei forni pubblici di quartiere e consumato nelle campagne.
La “quindicina” indicava il tempo di durata del pane e coincideva con il tempo passato in campagna dal massaro o dal pastore nelle masserie prima del ritorno alla casa famigliare.
Da questa esigenza particolare e cioè garantire l’alimentazione per più giorni, nasce il pane di Altamura. C’è anche un intervento divino nella bontà del pane di Altamura perché la qualità del lievito naturale non è dato dalla bravura del fornaio, ma è dato dal micro clima del luogo. Il micro clima altamurano permette a quella lievitazione naturale di dare un’impronta particolare a quel lievito che fa durare tanto il pane nel tempo. Con il grano duro si è prodotta la farina, e da qui il pane di grano duro, quindi un pane che dura tanto, e un pane di cui nessuna parte viene buttata.
Il pane di Altamura è buono quando è fresco, quando è raffermo si fanno le bruschette, quando è ancora più raffermo con la mollica si fa il gratin di alcune portate a tavola, e con la crosta c’è la tradizione bucolica di fare la cialda, fredda nel periodo estivo, calda in quello invernale. L’agricoltore, il contadino faceva e fa colazione con la cialda calda, la crosta bagnata con una brodaglia fatta di cipolle, verdure, una patata, una foglia di alloro, sedano, prezzemolo, pomodoro, etc. Questa brodaglia viene versata all’interno di questa crosta rafferma. Nella tradizione bucolica il tutto viene condito da un uovo fresco per cui diventa una colazione sostanziosa che consentiva dalla 4 di mattina di arrivare fino al pranzo. Questa era la colazione classica della campagna murgiana.

D: quali sono le caratteristiche del pane di Altamura?
R: Nel 2002, dopo anni di battaglie legali con la Comunità Europea, siamo riusciti a far riconoscere il pane di Altamura come un prodotto a Denominazione di Origine Protetta. Il Pane di Altamura è l’unico pane in Europa ad avere la denominazione D.O.P.
La prima caratteristica del pane di Altamura è quella che di questo pane non si butta via nulla, ecco perché è un pane che si presta al trasporto, si presta a essere presente sui mercati italiani. Noi come azienda serviamo diverse boutique del pane, diverse gastronomie che hanno la possibilità di vendere il pane altamurano proprio perché ha una durata di conservazione maggiore. Questa è un’altra caratteristica che ha solo il pane di Altamura. Insieme al pane di Matera, il pane di Altamura D.O.P. è l’unico pane fatto al 100% con farine di grano duro, in questo caso anche locali.
Altre caratteristiche particolari del pane di Altamura D.O.P. fanno riferimento :
- all’utilizzo del legno di quercia come combustibile
- all’impiego di un forno a legna a combustione diretta
- al lievito naturale
- all’utilizzo di farine derivate da cinque varietà autoctone di grano
Il Disciplinare di produzione depositato presso la Comunità Europea ci indica quelle che sono le procedure standard da seguire. Tutto quello che contiene il Disciplinare è stato individuato da noi e proposto all’Unione Europea che ha ratificato la procedura tradizionale di produzione che sta all’interno della D.O.P.

D: i “disciplinari” sono il tentativo di standardizzare tanti e diversi modi di produrre in questo caso il pane di Altamura?
R: In un certo senso si, però stranamente nel caso del pane di Altamura noi abbiamo conservato le tradizioni. Nel Disciplinare sono previsti dei tempi standard, nel periodo invernale le tempistiche si allungano e nel periodo estivo si accorciano per cui il Disciplinare è tutto sommato una mediazione tra quelle che sono le caratteristiche di lavorazione e produzione. Consideriamo che il Disciplinare a cui si attengono i 10 produttori di pane D.O.P. di Altamura sono le stesse, le condizioni sono le stesse. Ovviamente ogni azienda ha un forno che è diverso dall’altro per cui le caratteristiche sensoriali sono leggermente differenti da un panificio all’altro. Ma questa è tipicamente l’impronta aziendale.
D: storicamente come veniva prodotto il pane?
R: Storicamente ad Altamura avevamo i forni, oggi sono panifici. In passato era il forno di quartiere, il forno di riferimento per le famiglie di quartiere. Le famiglie producevano il pane, e lo cuocevano al forno, quindi la prima e l’unica funzione che aveva il forno era quella di infornare delle masse di pane difforme le une dalle altre. Consideriamo, ad esempio, che all’interno del forno storico della mia azienda ogni infornata è fatta da 550 Kg. di pane, stiamo parlando di 100 – 110 forme che andavano stipate all’interno di un forno di 6 metri di diametro, una accanto all’altra. Ogni famiglia portava le sue forme, e come si faceva a capire di chi era il pane? Ogni famiglia aveva il suo marchio di riconoscimento con cui timbrava il pane. In base allo status sociale e alla professione della famiglia il marchio poteva essere di ferro, di legno, di ceramica, oppure di fèrula. La fèrula è un legno locale ma fragile, e le famiglie meno abbienti utilizzavano quel legno che dopo sei mesi iniziava a deteriorarsi per cui dovevano rifarne un altro. Ci sono dei Marchi del pane che sono delle vere e proprie opere d’arte, in terracotta, in ferro, o in legno fatti da ebanisti.
timbri del pane
D: dai forni di quartiere ai panifici…..
R: La prima innovazione è il passaggio avvenuto tra le due guerre mondiali dal forno comunitario al panificio. Le famiglie sono diventate un po’ più ricche, e si potevano permettere l’acquisto di una pagnotta di pane per cui acquistano direttamente dal panificio il pane. La prima innovazione è questa. Con il passare del tempo i panifici si ampliano e riferendoci al mio caso, ad esempio, siamo passati a due punti di produzione, e poi è nato un punto di produzione di prodotti da forno in abbinamento. Come azienda storica abbiamo deciso di creare una linea di prodotti da forno che si attenesse alle ricette tradizionali.
In passato vi era l’abitudine nei periodi di feste di rivolgersi al fornaio per infornare i taralli, i biscotti, le caramelle, ma questi prodotti erano di proprietà della massaia, della famiglia. Si pagava una percentuale per l’infornata o in denaro o molto più spesso si pagava con un baratto vero o proprio o di prodotto o di materia prima. La soluzione dipendeva dal tipo di famiglia; nel caso di una masseria solitamente si barattavano delle uova in cambio dell’infornata, oppure della carne, oppure di farina nel caso di un coltivatore di grano duro. Mio nonno annotava tutto quanto perché fino al secondo dopoguerra vigeva questo sistema: solitamente si chiudeva il conteggio nel giorno della festa patronale, cioè intorno a ferragosto per cui tutti i conteggi il forno li chiudeva, allora così come incassava dai clienti pagava i fornitori. Erano due a dir la verità le date nell’anno che regolavano i pagamenti: a Natale a alla festa patronale quindi ogni sei mesi.
Il fornaio utilizzava la farina con cui veniva pagato da chi utilizzava la farina come sistema di pagamento per produrre del pane che andava venduto. Un altro sistema di pagamento era costituito dalla pasta del pane; dalla massa la massaia ne prelevava un pezzo per pagare l’infornata. Succedeva che il fornaio raccoglieva tutti questi “pagamenti”, li mescolava e mio nonno diceva sempre che il pane del fornaio più buono era quello fatto dai “pagamenti”. Era un mix di colori perché ogni pezzo aveva il suo colore, la massa di pane dei ricchi era gialla, mentre quella fatta con il grano “arso” era scura ed era la farina dei poveri. Chi utilizzava il grano arso per il pane era veramente povero, oggi abbiamo rivalutato questo tipo di grano, tuttavia questa cosa mi fa piacere e mi fa riflettere.

D: come è cambiato, se è cambiato, il processo di produzione del pane, il rapporto tra pane artigianale e pane industriale ?
R: Ad Altamura c’è una produzione di circa 250 – 300 ql. di pane al giorno. Parliamo di produzioni non solo artigianali ma anche di tipo industriale per cui su tutto il territorio nazionale in maniera capillare viene distribuito il pane prodotto ad Altamura. Ad Altamura operano una trentina di panifici, una decina di questi seguono la produzione del pane D.O.P.
Sul DOP l’industrializzazione e l’innovazione tecnologica si fermano perché il disciplinare prevede certe lavorazioni per la preparazione del pane. Non prevede, ad esempio, l’affettatura per cui non possiamo vendere pane pre-affettato perché non è previsto dal Disciplinare. Il Disciplinare è “la luce” di quello che viene prodotto. Chi realizza una produzione DOP, e cioè è iscritto a Bioagricoop S.c.r.l. e al Consorzio per la tutela del pane di Altamura DOP, può introdurre poca innovazione tecnologica se non quella prevista dal disciplinare di produzione. Diverso è il caso di altre strutture, e ce ne sono ad Altamura, che hanno fatto tesoro di quella che è la loro tradizione ed hanno iniziato a standardizzare sia i tempi di produzione, sia i tempi di lievitazione, sia tutto quello che è relativo alla produzione in se fino ad arrivare al packaging, alla distribuzione e la logistica. E’ un tipo di pane, quello prodotto con processi industriali, certamente tradizionale, sicuramente di semola, ma non DOP.

D: il primo elemento differenziale del pane DOP è l’utilizzo di 5 grani antichi. Come funziona la filiera?
R: Il territorio altamurano al 90% è un territorio coltivato a grano. Certo non tutto il grano coltivato nelle Murge appartiene alle 5 varietà richieste per il pane DOP, ma una percentuale relativamente alta del territorio agricolo è vocata alla produzione di queste varietà di grano previste dal Disciplinare di produzione. La materia prima impiegata consiste in un rimacinato di semola di grano duro ricavato dalla macinazione di grani duri delle varietà «appulo», «arcangelo», «duilio», «simeto» prodotte nel territorio delimitato da sole o congiuntamente, in ragione di almeno l’80 %, mentre per la restante quota è prevista l’utilizzazione di altre varietà, sempre prodotte sul territorio predetto.
Pur essendo varietà antiche e quindi con basse rese, la produzione è stata incentivata dai produttori di pane con il riconoscimento di un sovra prezzo a coloro che producono sul territorio queste varietà di grano antico autorizzate dal DOP. Il motivo dell’aumento di prezzo è giustificato dalla minore resa. Alla fine noi panificatori abbiamo cercato di tutelare anche gli agricoltori che decidono di seguirci nella filiera. E giusto ed opportuno che sia così, adottare un accorgimento di questo genere. Tutti i passaggi della filiera (produzione di grano, trasformazione in farina e produzione del pane) devono avvenire unicamente nel territorio di questi cinque comuni della provincia di Bari: Altamura, Gravina, Poggiorsini, Minervino e Spinazzola.
D: oltre al pane di Altamura, la Murgia e la Puglia sono grandi produttori di farina di semola…
R: La Puglia è il granaio d’Italia sia da un punto di vista produttivo che dal punto di vista dello stoccaggio. Il 95 % del grano duro consumato in Italia (e all’estero tramite l’export) e proveniente dall’Italia viene fatto in Puglia tra Foggia, Corato ed Altamura. All’interno di questo triangolo sono concentrati la maggior parte degli stoccatori e dei mulini. Il 90% delle semole prodotte in Italia per la pastificazione provengono dalla Puglia. Altamura, Corato e Foggia sono i granai ed i trasformatori principali di farine di grano duro in Italia. Senza grano duro non si rimane mai perché arriva tanto grano duro dall’estero, molto spesso di ottima qualità altre volte anche meno. Nel momento in cui arriva per la panificazione il top del grano canadese posso essere contento, il problema nasce quando all’interno delle produzioni spacciato per grano di qualità viene importato grano di qualità molto scadente. Sottolineo che nel pane DOP di Altamura di grano duro estero non ce ne può entrare.
D: La farina quanto incide sui costi di produzione del pane?
Il costo della materia prima, della farina, è marginale rispetto ai costi che oggi un’azienda di panificazione sostiene, qualche anno fa era diverso, oggi l’energia elettrica costa, così come costa il legno di quercia che utilizziamo per la panificazione. Questi insieme di costi ci portano a considerare, purtroppo, la materia prima, quella fondamentale per la produzione di pane come marginale rispetto al costo totale del prodotto.
D: Cosa significa migliorare ulteriormente il progetto della DOP?
R: Se consideriamo la produzione DOP abbiamo pochi margini di movimento sul tema dell’innovazione. Se dovessimo cambiare, ad esempio, il materiale della confezione questa variazione va comunicata alla Comunità Europea che ci deve autorizzare. Ogni passaggio è di conseguenza complesso dal punto di vista della tempistica.
Teniamo conto che il confezionamento, il non avere la merce sfusa, l’HCCP, etc. sono tutte innovazioni acquisite. Così come per acquisiste sono la chiusura con la clip, l’indicazione della scadenza, l’indicazione del lotto di produzione, la tracciabilità del lotto, etc. Aspetti che sono già assimilati nelle nostre produzioni. In realtà tutti questi passaggi sono stati effettuati nel corso del tempo e ben venga che ce ne siano di nuovi perché permettono di avere più garanzie per il consumatore.
D: e sulla controversa vicenda dei lieviti?…..
R: Nel pane di Altamura DOP posso usare solo lievito naturale. Considerando però che io sono vincolato ad una tempistica che non controllo, cioè se fa troppo freddo il lievito madre “dorme” e quindi devo rimanere ore fermo ad aspettare che il pane lieviti. Tutto questo ha un costo. Io me lo posso permettere perché la mia azienda lavora 24 ore su 24 ma chi deve fare una produzione a tempo non può farlo.
Il lievito di birra invece, è un lievito compatto selezionato. Non va bene se utilizzato al 100% perché otteniamo un pane standard, un pane che si può fare ovunque perché abbiamo un lievito che non ha caratteristiche diverse da un luogo all’altro. Nel caso in cui lo si utilizza come standardizzatore dei tempi ci può stare, l’importante e che se ne faccia un uso che non deve essere sproporzionato. Sto dicendo quasi un’eresia però non posso condannare chi utilizza il lievito compatto come standardizzatore dei tempi. Non condivido appieno la refrigerazione perché altera un po’ le condizioni però comprendo che dà tranquillità nel lavoro perché significa spostare le lavorazioni dalla notte al pomeriggio. Le innovazioni producono dei benefici però come azienda io non le condivido appieno. Io ho deciso di rimanere piccolo ed artigianale, altri hanno deciso di diventare grandi ed industriali, ognuno fa le proprie scelte che vanno rispettate.
Come panificio non abbiamo dei silos di stoccaggio, utilizziamo farina confezionata in sacchi grandi e utilizziamo delle tramogge di movimento. Il sacco di farina non viene versato nell’impastatrice ma in una macchina dove viene fatto il buratto della farina.

D: e sul tema delle funzioni aggiuntive come la Logistica?
R: La logistica è importantissima. I panificatori più piccoli servono il mercato locale oppure producono per la vendita al banco, qualcuno più attrezzato fa del pane che durante la notte viene trasportato nei comuni limitrofi. Grazie al pane sono presenti tanti corrieri ad Altamura tanto da diventare il business per tanti vettori di logistica. Il Panificio Di Gesù opera sul mercato estero con forme da 5 kg. che durano 20 giorni, e vengono utilizzate sia dalla ristorazione che dalle bruschetterie. Una bruschetteria a Insubruk che oggi serviamo con 120 Kg. di pane a settimana, ha provato tante tipi di pane prima di arrivare al pane di Altamura e qui si è fermato. La cosa più importante è gestire la logistica con una tempistica particolarmente breve. Il pane di Altamura deve arrivare a Torino entro 12 – 14 ore per cui vi sono dei corrieri specializzati nella distribuzione del nostro pane.
D: per rafforzare la specializzazione e la vocazione di Altamura a città del pane, che cosa si sta facendo?
R: C’è un Museo Etnografico e c’è un Museo Archeologico che parla del pane di Altamura, ci sono degli eventi due volte l’anno – la Fiera “Altamura città del pane” – in più siamo supportati da alcuni Enti tipo il Gal Terre di Puglia che partecipa a Fiere come la BIT di Milano o ad eventi specializzati dal punto di vista gastronomico, e poi ci mettiamo del nostro. Noi eravamo presenti a Torino al Salone del Gusto. Probabilmente saremo presenti ad Expo 2015, sia come Consorzio che come azienda.
D: progetti di filiera sulla produzione di grano, trasformazione in farina e produzione del pane
R: La filiera del pane di Altamura è certificata questo significa che anche l’agricoltore è certificato DOP per cui nel momento in cui decide di aderire alla filiera deve iscriversi e certificarsi DOP. La nostra filiera non è biologica ma le antiche tipologie di grano che utilizziamo per il pane non hanno la necessità di avere dei trattamenti perché sono più resistenti. Sono tutte le nuove varietà che hanno bisogno di aiuti per fare quantità.
D: le prospettive del Consorzio?
R: Fino ad oggi c’è stata una gestione ordinaria del Consorzio, ma da qualche mese c’è un nuovo gruppo che gestisce il Consorzio per la valorizzazione del pane DOP, ed è come se fossimo nati oggi. Finora il Consorzio ha partecipato ad alcuni bandi, ha promosso dei cluster, ma sono sempre state iniziative più individuali che di gruppo, ora si pensa con questa nuova direzione del Consorzio, più giovanile, più aperta alle innovazioni, di promuovere il Consorzio in maniera diversa. Una promozione in cui la collaborazione può fare molto per aiutare il territorio. Qui la cooperazione non ha una storia ed una tradizione, per cui più che parlare di collaborazione parliamo di competizione.

D: i giovani e la professione di panettiere
R: Questa attività ti deve piacere altrimenti non la fai. In generale i giovani faticano ad adattarsi ai tempi della panificazione ed hanno poca voglia di imparare. C’è ancora una generazione adulta che garantisce. Io sono riuscito a formare un gruppo di lavoro composto da adulti e giovani che nel tempo si è omogeneizzato. Nella mia azienda sono occupate 14 persone e alcune hanno un’esperienza trentennale così da garantire la trasmissione del sapere e della professionalità.
Riferimenti
- Panificio e Biscottificio F.lli Di Gesù s.n.c. – home page
- I timbri del pane di Matera: una spremuta di antropologia.. intervista a Manuele Mancini, artigiano del legno che realizza timbri del pane.
- Consorzio per la tutela del Pane di Altamura